L’attuale crisi globale dell’economia comincia ad avere, al suo interno, più di un segnale di ripresa in diversi punti del pianeta. Ma ciò nonostante non si sono ancora avuti riflessi positivi, né tanto meno una inversione di tendenza, sulla questione più sentita di essa: l’occupazione. Da più voci si ripete che la ricetta non può essere quella di creare nuovi posti dei vecchi lavori, ma di creare nuovi lavori che ancora non esistono, o un nuovo modo di svolgere lavori del passato. In una parola, innovazione. In teoria si può essere d’accordo, ma in pratica il nodo da sciogliere è come coinvolgere in questo nuovo mantra tanti disagiati che non hanno mezzi, intellettuali e materiali, per compiere questo sviluppo sulla loro pelle. Una prima risposta deve risiedere nella responsabilità. Innanzitutto di chi è chiamato a decidere, politici in primis, ma anche imprenditori, docenti, dirigenti pubblici, professionisti e tutti coloro che, da una posizione di privilegio (meritocratico o meno) possono e debbono guardare oltre il loro immediato interesse. Un nuovo patto sociale, fondato sulle reali responsabilità reciproche, in grado di iniettare fiducia, energia e slancio all’intero sistema Paese.
News – Le premesse dello sviluppo
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