In caso di locazione di un appartamento può capitare che l’inquilino, per diversi motivi, non riesca più a pagare l’intero canone di locazione. Prima dello sfratto, il proprietario può decidere di andare incontro alla controparte concedendo ad esempio una rateizzazione delle mensilità arretrate. Ma se quest’ultima è una misura di buon senso, non tutti sanno che le due parti possono anche accordarsi per ridurre i futuri canoni di locazione mensili.
Dal punto di vista strettamente legale, il canone d’affitto non può mai essere aumentato fino alla scadenza del contratto. Al contrario può, invece, essere diminuito. Non è obbligatorio registrare questa variazione all’Agenzia delle Entrate, presso la quale dev’essere invece depositato il contratto iniziale. Secondo la normativa, devono essere registrati solo i seguenti eventi successivi alla firma del contratto: cessioni, risoluzioni e proroghe del contratto originario. Nonostante ciò, registrare il patto di riduzione del canone di affitto conviene al proprietario dell’immoblie: così facendo pagherà meno tasse sulla locazione (fa eccezione il regime di cedolare secca) e si metterà al riparo da eventuali accertamenti fiscali.
Il costo della registrazione, per chi volesse darvi luogo, è stato comunicato dalla stessa Agenzia delle Entrate: 67 euro più l’imposta di bollo di 16 euro per ogni foglio del patto di riduzione del canone. Se però il proprietario decide, legittimamente, di non affrontare questa procedura sorge un problema per l’inquilino: come dimostrare l’accordo verbale di riduzione dell’affitto? L’opzione più logica è quella di far firmare alla controparte un documento scritto in cui si esplicita la diminuzione del canone di locazione. Oppure, per dormire sonni ancora più tranquilli, il conduttore può decidere di registrare egli stesso il nuovo accordo presso l’Agenzia delle Entrate facendosi carico delle relative spese.